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Rapporto Federculture: 2023 anno di ripresa per la cultura

La cultura ha finalmente agganciato la ripresa e il settore, dopo gli anni bui della crisi post-Covid, vede crescere pubblico, fruizione culturale, consumi, occupazione. Il recupero in tutti gli ambiti, già registrato nel 2022, si consolida e avanza non solo rispetto all’anno precedente, ma ritorna quasi completamente ai livelli del 2019, in alcuni casi superandoli. E’ quanto emerge dal 20esimo Rapporto Annuale Federculture “IMPRESA CULTURA”, il volume che fa il punto sullo stato del sistema culturale italiano, attraverso dati aggiornati su consumi, finanziamenti, occupazione, turismo, e propone analisi ragionate sulle politiche, le criticità e le prospettive di crescita della cultura in Italia. Il 2023 per la cultura è stato l’anno della ripresa. La crescita, già vista nel 2022, si è consolidata e il settore culturale si è lasciato alle spalle gli anni di crisi: cresce la spesa delle famiglie in cultura +10% sul 2022; in forte aumento la partecipazione culturale fuori casa dei cittadini che si attesta al 35,2%, +12% rispetto al 2022; anche l’occupazione culturale nel 2023 è tornata ai livelli del 2019 +1,2% sul 2022 e a sorpresa cresce più al Centro e nel Mezzogiorno; bene il turismo e il turismo culturale in particolare: +34,5% gli stranieri nelle città d’arte. Il Rapporto Federculture non si limita a fotografare lo scenario presente, ma avanza proposte, suggerisce soluzioni e offre una utile base di riflessione per i decisori politici, gli amministratori e gli addetti ai lavori.

LA FOTOGRAFIA

Per il 2023 il quadro della cultura nel nostro Paese è largamente positivo. Il primo dei segnali di ripresa è che torna a crescere la domanda di cultura da parte dei cittadini: la spesa in cultura, ricreazione e sport delle famiglie – in base alle stime preliminari dell’Istat – è stata pari a 101,27 euro mensili contro i 91,94 del 2022, con un balzo avanti del 10%; crescita che rimane alta, +4%, anche se si considera l’aumento dei prezzi che ha inciso per il 5,9% anche sulla spesa familiare mensile complessiva. La voglia di cultura è tornata anche in termini di partecipazione: rispetto al 2022, la fruizione di tutte le attività culturali fuori casa aumenta mediamente di circa una volta e mezzo e, in alcuni ambiti, come nel caso dei concerti (dall’11,2% al 21,7%) quasi raddoppia. Gli incrementi maggiori si registrano oltre che nei concerti, nel teatro (+63%), nei concerti classici (+50%) nelle visite a musei e mostre (+44%), e ai siti archeologici e monumenti (+43%).

La crescita della domanda corrisponde ad una ripresa anche dell’offerta, visibile nei dati sull’occupazione culturale: sono 825mila gli occupati culturali nel 2023, pari a quanti erano nel 2019 prima della crisi e del crollo occupazionale verificatosi nel 2020 (-8%). L’aumento nell’anno dell’1,2% è trainato dalla componente degli occupati nelle professioni culturali in settori non culturali, in salita del 5,5% nel 2023 e del +7,7% rispetto al 2019. Ma il settore è tornato a beneficiare anche del ritorno della domanda straniera; la cultura si conferma come il principale motore della domanda turistica internazionale, aumentata nel segmento del turismo culturale del 34,5% (viaggiatori stranieri nelle città d’arte) e di oltre il 40% in termini di spesa. Quello culturale rappresenta più del 50% del nostro mercato turistico, a conferma che la nostra economia turistica è in gran parte dipendente dalle risorse materiali e immateriali che compongono la ricchezza culturale del paese, arte, saperi, paesaggi, ambiente.

Complessivamente positivo anche il quadro degli investimenti, dato non scontato per un settore che negli anni ha sempre sofferto per la scarsità delle risorse. Sul versante pubblico, in tutti i livelli amministrativi la voce culturale nei bilanci è costante o in aumento sia nell’anno, sia in confronto con il 2019: il bilancio del Mic poco sotto i 4 miliardi di euro, i Comuni superano i 2,3 miliardi, le Regioni appena sopra il miliardo di euro. In crescita anche il dato degli investimenti delle Province, 72 milioni di euro complessivamente, ma in calo del 15% sul 2019. Non si arresta, invece e anzi registra sempre nuovi traguardi, il sostegno privato alla cultura attraverso Art bonus. Lo strumento di coinvolgimento di imprese, cittadini e enti privati nel finanziamento del settore ad aprile 2024 aveva già superato la soglia dei 900 milioni di euro, mentre il 2023 è l’anno in cui si è raggiunto l’importo annuale e il numero di erogazioni più alto, oltre 121 milioni di euro.

LA CULTURA “DIFFERENZIATA” NEI DIVARI REGIONALI

Seppure in uno scenario decisamente positivo e in crescita, non si può non segnalare che come spesso accade quando si analizzano i fenomeni che riguardano lo stivale, se si osservano i dati per regione si scopre che non è lo stesso vivere al Nord o al Sud d’Italia. Quello cui si assiste, pure nel “ritorno” degli italiani alla partecipazione alle attività culturali, è una consolidata e “strutturale” differenziazione tra il Nord, o Centro-Nord del Paese e le regioni del Mezzogiorno. In tutti gli ambiti, con rare eccezioni, i livelli di fruizione culturale nelle Regioni del Sud sono circa la metà, se non un terzo, di quelle dei residenti nel Nord. Bastano pochi esempi: in Trentino Alto Adige i residenti che frequentano teatro, musei o concerti sono circa il 30-40% della popolazione, spostandosi in Calabria, Sicilia o Basilicata questi stessi valori oscillano tra il 15 e il 20%. Stessa situazione si rileva nel caso della spesa familiare in cultura: mentre tra il Centro e il Nord i valori sono molto vicini – 122,8 euro al Nord e 117,8 al Centro –, nelle Regioni del Mezzogiorno la spesa delle famiglie in cultura, 58,7 euro, è circa la metà di quella delle famiglie del Centro-Nord, sia in valori assoluti che in termini di incidenza sulla spesa familiare complessiva, e cresce tre-cinque volte meno che al Centro e al Nord.

Una minore partecipazione che si riflette anche in quella economica da parte cittadini, enti e imprese al sostegno della cultura: i dati Art bonus, ad esempio, descrivono chiaramente un ampio divario Nord-Sud nelle erogazioni culturali, con una concentrazione del 78% nelle regioni settentrionali e il Sud che riesce ad attrarre meno del 3% delle risorse.

IL NODO DELLA GESTIONE. LE FONDAZIONI CULTURALI

Arte, cultura, creatività rappresentano uno dei fattori strategici per accrescere la competitività dell’intero sistema Paese e necessitano di un’adeguata “cultura di gestione” che ne valorizzi le potenzialità. In questo senso le Fondazioni e le Fondazioni di partecipazione, sono state lo strumento privilegiato con cui negli ultimi trent’anni le amministrazioni pubbliche hanno trasformato la gestione della cultura al fine di renderla più dinamica e efficace. A queste è dedicato il focus del Rapporto Federculture che affronta il tema della gestione della cultura attraverso un approfondimento proprio del fenomeno Fondazioni evidenziandone l’apporto in termini di innovazione ed efficienza, ma anche i limiti cui sono sottoposte in termini di vincoli e incertezze normative.

In Italia le fondazioni che si occupano di cultura sono centinaia – oltre 650 in base ai dati Tagliacarne elaborati da Federculture – e si occupano di editoria, dell’organizzazione di spettacoli, di gestire musei, monumenti storici, teatri, di archivi e biblioteche. Tra di esse ci sono alcune delle istituzioni culturali più importanti in Italia, leader nel proprio settore e conosciute anche a livello internazionale: ad esempio il Museo Egizio di Torino, La Triennale di Milano, la Fondazione Piccolo Teatro, Fondazione Musei Civici di Venezia, Fondazione ADI. E’ innegabile che il prestigio che la loro attività porta al Paese e le importanti ricadute economiche ed occupazionali ne fanno una componente fondamentale del sistema cultura. Ma è altrettanto vero che tutte “soffrono” di mali comuni: ambiguità nel rapporto con le amministrazioni pubbliche, difficoltà nel coinvolgimento e condivisione della governance con i privati, eccessi di “controllo” e limitazioni dell’autonomia operativa.

Per questo Federculture ha individuato la necessità di un percorso di riconoscimento e regolamentazione normativa di questo particolare fenomeno, aprendo proprio con il Rapporto 2024 un lavoro di riflessione e progettazione verso una Legge per le Fondazioni di Partecipazione.

IL COMMENTO DI ANDREA CANCELLATO

“Possiamo dire oggi che la crisi della cultura, che abbiamo conosciuto con la pandemia, sia in fase di superamento, seppure naturalmente non tutto è tornato come prima – commenta il presidente di Federculture Andrea Cancellato –. Ci preoccupa in particolare la grande frammentarietà della vita culturale nel Paese e per questo a breve formuleremo proposte per il consolidamento della crescita culturale ‘a costo zero’ per il Bilancio dello Stato, al fine di superare squilibri e divari nella fruizione culturale dei cittadini. In questi anni abbiamo insistito perché si varassero interventi e riforme che avessero questo obiettivo, incrementare la partecipazione culturale dei cittadini, ma anche di rafforzare i soggetti della gestione culturale, le imprese della creatività e della cultura. Fra le proposte che abbiamo visto finalmente accolte nel primo anno di questa Legislatura, vi sono le norme per le imprese culturali e creative che, nell’ambito della legge sul ‘Made in Italy’ hanno trovato posto come uno dei pilastri della nostra Nazione. Questo quadro normativo adesso impone di andare avanti, anche nel compiere ulteriori passi verso un sistema di governance delle istituzioni culturali sempre più efficiente e efficace. Per questo nel Rapporto di Federculture ci occupiamo delle Fondazioni di Partecipazione, che nonostante siano lo strumento più innovativo e più praticato tra le Fondazioni culturali, non hanno ancora un ambito definito nel Codice Civile e vi sono parti di interpretazione della norma che lasciano spazio ad ambiguità circa il modo di operare e il ruolo che stanno via via assumendo nella gestione della cultura. Federculture ritiene che sia necessario che le norme del Codice Civile accolgano finalmente la ‘Fondazione di partecipazione’ in modo da renderne più lineare e sicura l’attività, considerato che larga parte delle Imprese culturali italiane hanno adottato questa forma giuridica. Servono norme precise e inequivocabili, che permettano agilità operativa, coinvolgimento e risorse private accanto a quelle pubbliche, controlli e trasparenza nella gestione. Abbiamo avviato un percorso e offriamo un testo aperto, che il Legislatore e il Governo potranno utilizzare come base per redigere una norma attesa da tempo”.

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