Centro per il libro e la lettura

Iannaccone sul Corriere della Sera: “L’Italia deve tornare a leggere”

Il presidente del Centro per il libro e la lettura risponde a Galli della Loggia che sul «Corriere» del 13 novembre aveva pubblicato l’articolo «L’Italia deve tornare a leggere»

(Articolo pubblicato sul “Corriere” on line di venerdì 14 novembre 2025)

L’intervento di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato ieri 13 novembre dal «Corriere della Sera», nel mettere a fuoco il problema annoso della scarsa attitudine degli italiani alla lettura, presenta un’analisi purtroppo non nuova del fenomeno. Leggendolo, la prima impressione è che il vittimismo, magari venato di suggestioni poetiche, fomenti il piacere di sentirsi inghiottiti dalla catastrofe e dall’apocalisse ma non aiuti a rappresentare il presente con realismo, certo più prosaico ma anche più utile. Come sempre, l’esercizio recriminatorio matura dalla deprecazione del presente (o tempora, o mores!) ignorando i dati fattuali per rimpiangere le sorti, invero assai poco magnifiche, del passato.

Basterebbe dare un’occhiata al censimento Istat del 1961, quando solo il 16% degli italiani dichiarava di aver letto un libro mentre oggi l’impresa è stata tentata almeno da metà della popolazione. Tutto rose e fiori? Naturalmente no, e fa bene Galli della Loggia a evidenziare come la promozione della lettura, oggi più di ieri, dovrebbe essere al centro del dibattito pubblico, molto più del cicaleccio quotidiano che avvilisce il conflitto politico. Se si pensa, tuttavia, che il numero dei lettori aumenti improvvisamente in virtù di programmi miracolistici e provvidenziali bacchette magiche governative, si finisce poi per stilare cahiers de doléances che possono soddisfare al massimo le velleità amareggiate di un ego accerchiato dai tempi malvagi. Le «migliaia di euro» con cui il ministero della Cultura sta finanziando progetti mirati non sono infatti da considerare «pannicelli caldi», specie se si considera le loro finalità, che vanno proprio nelle direzioni auspicate.

Galli della Loggia invita, e a giusta ragione, ad allargare il perimetro del libro, che deve navigare fuori dalle acque territoriali per estendersi nel mare aperto della società e raggiungere i luoghi dove – da sempre, e non da oggi – latita. A questo scopo, negli ultimi mesi, il Centro per il libro e la lettura ha sostenuto progetti che portano libri ed autori nelle carceri, finanziato la nascita e lo sviluppo di biblioteche nel Mezzogiorno e nelle aree interne del Paese per farne piazze di inclusione sociale e cittadinanza attiva, promosso con bandi ad hoc rivolti a fondazioni e associazioni l’educazione alla lettura ad alta voce, nella convinzione che immergersi nei romanzi e nelle liriche non sia più solo un’esperienza solitaria o intra moenia ma una pratica da condividere come occasione di incontro e di dialogo. Iniziative non casuali ma coerenti con la grande lezione di Adriano Olivetti, la cui azione politica e culturale ha ispirato il ministro Giuli nell’elaborazione di un Piano volto proprio alla promozione della cultura come bene comune e come patrimonio democratico e accessibile a tutti.

D’altro canto, non mancano neppure segni in controtendenza rispetto al panorama poco esaltante fotografato dall’ultimo rapporto dell’Aie: cresce, per esempio, il fenomeno, vivace e spontaneo, dei gruppi di lettura (lo dimostra la mappatura predisposta da Chiara Faggiolani in una ricerca promossa da Adei), vere comunità capaci di creare reti informali alimentando il confronto tra le generazioni, mentre il libro conserva intatto il suo fascino presso i bambini e gli adolescenti, fino almeno ai 14 anni. Poi, purtroppo, questa relazione si appanna e, soprattutto per i ragazzi, si incrina drammaticamente, a dispetto dell’impegno e della passione della grande maggioranza dei docenti. Facile ovviamente chiamare in causa l’indifferenza delle famiglie e l’invasività del cellulare e dei social. Anche in quest’ultimo ambito, la Rete non costituisce di per sé una rivale della lettura, se è vero che i libri sono entrati stabilmente nei feed di Instagram e nei video di TikTok come nelle narrazioni dei podcast (il dilagare del romance è anche un portato virtuoso di questo processo). Resta un fatto però che il gusto delle storie, il piacere dell’avventura, l’emozione del racconto siano oggi cercati dai giovani nelle serie tv e molto meno nei libri.

Galli della Loggia ha coordinato la Commissione incaricata di redigere le Indicazioni nazionali relative all’insegnamento della storia. I suoi colleghi impegnati nel proporre una didattica nuova della lingua e della letteratura italiana potrebbero esortare i docenti a liberare il testo dalla camicia di forza di inutili tecnicismi, come invece accade soprattutto nei primi anni della scuola secondaria di secondo grado, quando gli studenti sono spesso costretti a entrare nell’officina retorica degli autori e a maneggiare (con quale entusiasmo si può facilmente immaginare) la cassetta degli attrezzi, tra sequenze descrittive, riflessive e dialogiche, narratori omodiegetici e cacce affannose a metonimie, chiasmi e iperbati. Se vogliamo alimentare il piacere della lettura presso i più giovani senza pretendere di farne critici letterari in erba, sarebbe opportuno che evitassero di sezionare i testi con il bisturi del filologo anatomista. E si abituassero, al contempo, a cimentarsi, oltre che con i classici della nostra grande tradizione letteraria, con le opere (di invenzione ma anche saggistiche e giornalistiche) a noi contemporanee, capaci di accendere curiosità e coinvolgere emotivamente. Leggere la gran parte dei programmi svolti nell’ultimo anno delle superiori sconforta: in molti casi, dopo Montale e Pirandello (quando va benissimo, Pasolini e Calvino) si stende l’ignoto orizzonte del nulla. Hic sunt leones.

Condividi l'approfondimento

Cerca