Si celebra oggi il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini. Poeta, scrittore, cineasta, giornalista, persino pittore, il friulano, nato però a Bologna nel 1922, ha rappresentato uno degli intellettuali più vivaci, pungenti, poliedrici e attivi della seconda metà del Novecento. Secondo Dacia Maraini, intervistata per l’occasione dal Centro per il libro e la lettura, Pasolini «ha rappresentato un pensiero critico e sincero sul Paese, tanto critico e sincero da suscitare timore e desiderio di isolarlo per poi annientarlo».
Feroce avversario dell’imporsi della cosiddetta società dei consumi, Pasolini è stato uno dei primi grandi autori italiani a rivolgere il proprio sguardo alle periferie metropolitane, dove il “boom” economico era ancora un’eco lontana e dove riteneva di poter conoscere e raccontare un’umanità più pura e verace. Gli abitanti delle borgate romane, cresciuti nelle baracche, spesso figli di immigrati dalle zone rurali del Paese, sono i protagonisti dei suoi capolavori di narrativa, “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, ma anche di pellicole ambientate nella Capitale come “Accattone” e “Mamma Roma”.
Tra grandi meriti riconosciuti a Pasolini, anche quello di aver dato – dopo il forte centralismo linguistico del ventennio fascista – nuova dignità ai dialetti italiani, a partire da quello della sua terra, il friulano, con raccolte giovanili di poesia e con la fondazione della “Academiuta di lenga furlana” già nel 1945 a Casarsa della Delizia, ma anche grazie ai già citati romanzi e film ambientati nella borgata romana, in cui i protagonisti parlano un romanesco spesso contaminato dai dialetti dell’immigrazione interna.
Per Dacia Maraini, leggere Pasolini oggi «può insegnare a essere severi critici pur amando il proprio Paese. Anzi, proprio perché lo si ama, si cerca di suscitare negli altri la voglia di cambiare in meglio». Fervente analista politico, spesso inviso anche alla linea “ortodossa” del Partito comunista, «Pasolini è stato un testimone scomodo e ha suscitato odio e intolleranza per le emozioni che metteva nelle sue idee, per il fatto che andava incontro alle ingiustizie con la passione di tutto il suo essere. È questo che colpisce in lui: il suo saper intrecciare le idee alla vita. Tanto è vero che, per farlo tacere, hanno avuto bisogno di infierire sulla sua persona», spiega Maraini, alludendo all’omicidio di Pasolini, avvenuto la notte del 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. Un’uccisione operata in circostanze mai chiarite esattamente, ma che, secondo quanto acclarato da molte inchieste e ricerche giornalistiche, si allontana dal delitto d’amore omosessuale della verità giudiziale, spalancando una finestra sui grandi misteri irrisolti dell’Italia degli anni ’70.
Ma come approcciare oggi un autore così produttivo e multiforme? «Prima di tutto consiglierei di leggere le sue poesie, che sono visionarie, ma nello stesso tempo molto legate ai fatti e alle vicende del suo tempo», risponde Dacia Maraini. Tra le sue grandi raccolte poetiche, “Le ceneri di Gramsci”, “La religione del mio tempo” e “Poesia in forma di rosa”. «Poi consiglierei di vedere i suoi film, da quelli più drammatici come “Accattone” e “Mamma Roma” a quelli più festosi come il “Decamerone” o “Il fiore delle Mille e una notte”, alla cui sceneggiatura ho partecipato anch’io e sono felice di averlo fatto», conclude Dacia Maraini. L’autrice ha da poco pubblicato “Caro Pier Paolo” con l’editore Neri Pozza: una raccolta di lettere rivolte oggi a Pasolini, che può rappresentare un’ottima maniera di conoscere il poeta da un’altra angolazione, quella del rapporto di intima amicizia che legò i due fino alla tragica notte del 1975.